‘The Effect’ al National Theatre di Londra: l’originale e l’artificiale dell’amore
‘Sapete voi dell’alchimia il poter, il gran valore dell’Elisir d’Amore?’, proclama Dulcamara nell’opera di Donizetti. In questi anni si è fatto un gran parlare di farmaci salvifici e dei relativi dubbi sulla loro affidabilità; dall’ormai lontano caso della cura Di Bella per i tumori, al controverso metodo Stamina, fino ovviamente e prepotentemente alle sperimentazioni, speranze, successi, proteste e polemiche legate alle varie cure e vaccini anti-COVID. Su questi temi riflette in maniera intensa e drammatica un riuscitissimo spettacolo teatrale che ritorna in scena in questi giorni al National Theatre di Londra, la più importante istituzione di prosa della capitale britannica. ‘The Effect’ (trad. ‘L’effetto’), scritto dalla sceneggiatrice inglese Lucy Prebble e rappresentato per la prima volta nel 2012, racconta di un trialclinico per la sperimentazione di un anti-depressivo a base di dopamina (la sostanza alla base delle sensazioni di euforia e felicità prodotte dal nostro cervello, e motore anche deiménage sentimentali) che, come lo specifico del dottor Dulcamara, sembra avere l’effetto imprevisto di far innamorare due dei partecipanti alla sperimentazione (Connie e Tristan). Qui però, contrariamente all’opera donizettiana, la vicenda è tragica, visto che alla fine uno dei due protagonisti (Tristan) rimane vittima di un grave effetto collaterale. Così, lo spettacolo promuove una riflessione sia sui dilemmi etici legati alle sperimentazioni mediche sia sulle le dinamiche sentimentali ed esistenziali che caratterizzano le relazioni amorose.
Temi centrali sono senz’altro la polemica sugli enormi interessi e pressioni che possono minare l’integrità dei test clinici, e la critica alla cosiddetta ‘teoria degli scompensi chimici’ della depressione, che vede in questo tipo di condizione semplicemente una malattia da curare con i farmaci, così arrendendosi alla troppo comoda e mai veramente risolutiva strada della medicalizzazione, invece di affrontare le radici esistenziali, relazionali e sociali del problema. Tuttavia, lo spettacolo propone anche unariflessione profonda e a volte spiazzante sul problema dell’identità individuale e dell’autenticità delle relazioniinterpersonali. Cos’è che determina chi siamo? Il nostro corpo o la nostra mente? Siamo veramente noi a decidere delle nostre scelte oppure siamo il mero prodotto dei nostri ormoni e della chimica del nostro cervello? Esistono sentimenti veramente autentici? Come possiamo distinguerli? È poi così importante farlo?
La produzione ora in cartellone al National Theatre londinese, per la regia di Jamie Lloyd e i movimenti scenici di Sarah Golding e Yukiko Masui, affronta tutte queste questioni con una messa in scena innovativa, potente, dal ritmo sempre incalzante che assesta alcuni autentici ‘pugni nello stomaco’emotivi ed esalta la bravura dei quattro protagonisti. Le scenein stile sci-fi, a cura di Soutra Gilmour, con le luci di JonClark, sono essenziali ma efficaci, con una semplice pedanaluminosa, che delimita i vari spazi con suggestivi giochi di luce. Il pubblico è disposto da entrambi i lati della pedana, con gli attori che agiscono e si muovono a 360°. I costumi sono sobri ed essenziali in linea con la cifra stilistica della scenografia. Le musiche di Michael ‘MikeyJ’ Asante e gli effetti sonori a cura di George Dennis, contribuiscono ulteriormente a trasmettere il pathos sempre crescente e l’atmosfera fantascientifica e drammatica dello spettacolo.
Ottime le prove attoriali di tutti e quattro i protagonisti. La giovane canadese Taylor Rusell, che in Italia abbiamo potuto apprezzare nel ruolo di Maren Yearly in ‘Bones and all’ di Luca Guadagnino, e che qui impersona Connie, interpreta con grande intensità il ruolo della ragazza presa al contempo nel vortice dell’innamoramento per il suo compagno di (dis)avventure cliniche e dal dubbio sulla genuinità dei propri sentimenti. Paapa Essiedu trasmette molto efficacemente il carattere puro di Tristan, perdutamente innamorato al primo sguardo di Connie, e rende in maniera naturale e credibile i segni degli effetti collaterali del farmaco che si manifestano man mano che la storia si dipana, evitando ogni rischio di scivolone macchiettistico. I due attori mostrano una chimica perfetta, lavorando sapientemente con gli sguardi, i piccoli gesti, le frasi intime sussurrate all’altro, e portando in scena in maniera dolce e coinvolgente il rapporto fra i loro due personaggi. Michele Austin, nel ruolo della dottoressa Lorna James, la ricercatrice che gestisce la sperimentazione, propone un’interpretazione di grande carattere, passando dalla spiritosa e quasi tronfia sicumera della scienziata plurititolata, alla disincantata riflessione sul prezzo umano pagato per le sue scelte di vita e di carriera, allo smarrimento di fronte ai lancinanti dilemmi etici che il suo lavoro le presenta. KobnaHoldbrook-Smith, nel ruolo del Dottor Toby Sealy, il barone della medicina a capo del progetto di ricerca, risulta intensamente carismatico, autorevole, imponente, potendo contare su una voce calda e vellutata, e su una dizione chiara e scolpita.
Alla fine standing ovation per tutti. Per chi avesse in programma un soggiorno a Londra le repliche dello spettacolo proseguiranno nella sala Lyttleton del National Theatre (South Bank Centre, sulla sponda opposta del Tamigi rispetto al Big Ben) ogni sera (con pomeridiane il Mercoledì e il Sabato) fino al 7 ottobre. Per gli altri, fra alcuni mesi il video integrale dello spettacolo verrà messo a disposizione, a fronte di un obolo simbolico, sul sito NT live (https://www.ntlive.com/).
Kevin De Sabbata
di Lucy Prebble
Scene e costumi Soutra Gilmour
Luci Jon Clark
Musiche Michael ‘MikeyJ’ Asante
Ingegnere del suono George Dennis
Movimenti scenici Sarah Golding e Yukiko Masui
Connie Taylor Russell
Tristan Paapa Essiedu
Dottoressa Lorna James Michele Austin
Dotto Toby Sealey Kobna Holdbrook-Smith
photo©nationaltheatrelondra